Aspho Fields - Capitolo Sedici
“Fai la pace con tuo padre, Marcus, perché siamo tutti destinati a morire. Perdonalo. Perdona te stesso. Quando se ne andrà, sari disposto a dare tutto per passare solo un altro minuto con lui.”
(CARLOS SANTIAGO, CERCANDO DI FARE DA MEDIATORE PER LA PACE TRA I FENX.)
ASPHO FIELDS; PRIMA LINEA DEI COG, ORE 01:45.
Il primo Petrel era stato finalmente lanciato dalla Merit in direzione di Aspho Point, a Peraspha e Carlos sentì l’entusiasmo crescere rapidamente dentro di sé.
La battaglia sembrava ormai prossima alla fine, tuttavia Marcus fece notare che un Asp nemico si stava preparando a contrattaccare e a bersagliare il Petrel ormai alto nel cielo.
Era praticamente impossibile colpire con precisione in quella situazione, ma sfortunatamente gli Indipendenti si dimostrarono all’altezza dell’impresa.
Una palla di fuoco e pezzi in fiamme caddero sul terreno freddo e buio, e quando la Merit ne lanciò un altro pochi istanti dopo, anch’esso fu intercettato e distrutto.
Il maggiore Stroud ordinò a Marcus di occuparsi degli Asp nemici e dei veicoli leggeri AA e chiese a Jakovs quale fosse la disponibilità dei missili Longspear.
Purtroppo ne erano rimasti solamente due.
Marcus si sistemò quindi in posizione per lanciare il primo in direzione dell’Asp.
Era davvero un ottimo tiratore e l’Asp si trovava all’interno del raggio d’azione del Longspear, tuttavia nell’attimo in cui egli fece fuoco, il mezzo si spostò a destra schivando il colpo.
Carlos gli passò l’ultimo Longspear ed egli si preparò a prendere nuovamente la mira.
L’Asp si stava allontanando per riunirsi con gli altri veicoli leggeri e Marcus fece nuovamente fuoco nella direzione giusta, ma un APC si pose davanti alla traiettoria di tiro e fu colpito sulla fiancata.
Il mezzo era completamente distrutto ma in questo modo gli Indipendenti avevano salvato il loro bombardiere.
L’oscurità del cielo era resa viva dal rumore dei Khimera che giravano in tondo sopra la loro postazione, senza rendere manifeste le loro intezioni.
Anya comunicò al maggiore che la Merit stava organizzando un’altra serie di interferenze per permettere ai Petrel di arrivare a destinazione, e la avvertì inoltre che la squadra dei Commando aveva completato l’operazione e si preparavano ad uscire.
Il maggiore chiedeva insistentemente una maggiore organizzazione per il recupero dei feriti, che erano diventati la priorità, e Anya affermò che il Controllo stava facendo di tutto per trovare una soluzione al problema.
Helena si rese conto del carico di responsabilità a cui era sottoposta la figlia, e la incoraggiò per la prima volta con parole di ammirazione sincera.
L’intervento del maggiore in una comunicazione radio colse di sorpresa anche Carlos, che tuttavia condivideva la necessità di comunicare certi pensieri in momenti come quello, dove la sopravvivenza non era una certezza.
Si propose in seguito di occuparsi personalmente dell’Asp nemico con un attacco a sorpresa.
Marcus, noncurante della richiesta dell’amico, fece per alzarsi e prendere il suo posto nella missione, ma prima che potesse muoversi, Helena lo trascinò nuovamente a terra.
Mentre prendeva altre granate e le posizionava sulla sua cintura, spiegò ai due compagni di avere maggiore esperienza in questo tipo di operazioni e si preparò ad attraversare il canale che conduceva ai veicoli.
Carlos non trovava giusto che dovesse essere proprio lei a dover attraversare la palude fangosa e rischiare la propria vita, ma fu costretto a rispettare gli ordini.
Non riusciva a sopportare l’idea che Anya fosse in ascolto, e qualunque cosa fosse successa, lei lo avrebbe saputo immediatamente.
Il maggiore scattò nell’oscurità e giunse a dieci metri di distanza dall’Asp.
Fortunatamente l’autista non guardava nella sua direzione e lei poté avvicinarvisi inosservata.
Carlos la vide improvvisamente saltare sopra la carrozzeria del veicolo e lanciare ripetutamente qualcosa all’interno della cabina.
L’uomo anziché fuggire cercò di posizionarsi alla torretta per prendere la mira.
Helena saltò quindi per allontanarsi e mettersi al riparo ma le cinghie della sua uniforme rimasero incagliate.
D’istinto prese il coltello e iniziò a tagliarle per liberarsi e fuggire, ma il tempo non fu sufficiente per riuscirci.
L’esplosione quasi accecò Carlos che con il fiato sospeso guardava Stroud mentre gareggiava con la morte.
Il suo corpo fu sbalzato a circa trenta metri di distanza e il suo auricolare non emetteva più alcun suono, nemmeno il brusio di sottofondo.
Quasi al limite del surreale, Carlos chiamò il maggiore e la invitò a rispondere, pur rendendosi perfettamente conto che era un gesto quanto mai stupido e inutile.
La sua mente fu annebbiata da un senso di vuoto. Fu Marcus a prendere la parola e si rivolse a Mataki invitandola a proseguire.
Carlos confermò che si trattava di un Tango Quattro, il codice che indicava la morte e di conseguenza, l’inutilità del soccorso medico.
Fu Anya a comunicare all’equipaggio della Pomeroy che Helena Stroud, sua madre, era una caduta.
ASPHO POINT, SEDICI ANNI FA; UN’ORA E DIECI MINUTI DOPO L’INIZIO DELL’OPERAZIONE.
Il suolo bagnato sembrava cedere sotto il passo pesante di Hoffman.
Il personale di Aspho avrebbe costituito un ulteriore pericolo se i Khimera che li attendevano fuori dall’uscita avessero iniziato a fare fuoco.
Il colonnello decise pertanto che era giunto il momento di lasciar fuggire gli ostaggi, così spinse duramente gli uomini affinché uscissero dalla base e si mettessero in salvo prima dell’esplosione dell’intero complesso.
La paura tuttavia li dominava e le loro gambe non accennavano a muoversi. Il rumore degli spari nel campo di battaglia significava per loro morte certa.
Young e Morgan giunsero di corsa e comunicarono che mancavano ormai solamente otto minuti alla detonazione.
Il clima nel frattempo era migliorato e sfortunatamente il mare si era placato.
La tempesta avrebbe giocato a loro favore per sfuggire ai Khimera ma pareva che i Gears non fossero particolarmente fortunati.
Hoffman fece mente locale per ricordarsi di quale fosse la priorità, così chiese a Michaelson quale fosse il raggio d’azione di un bot al sessanta per cento di carica.
Dopo una lunga pausa il tenente stimò che potesse coprire all’incirca tre chilometri.
Hoffman decise pertanto di mandare i bot da soli poiché erano molto piccoli e i Khimera avrebbero faticato a rintracciarli.
Ordinò pertanto a Timiou di preparare i bot mentre gli ostaggi erano stati divisi tra le imbarcazioni di Banjafield e Cho per precauzione.
Alla fine la Squadra salì a bordo del Marlin pronta a fare ritorno alla base ma la preoccupazione del colonnello cresceva ogni istante di più.
Mancava ormai poco al compimento della missione e non avrebbe accettato che qualcosa andasse storto proprio in quel momento.
Banjafield non condivideva la scelta di Hoffman di lasciare i civili sul campo di battaglia, perciò chiamò Dom e lo invitò a prendere con sé coloro che volevano seguirli, mentre Bai Tak andò a sistemarsi sull’imbarcazione di Cho.
Si spinsero al largo seguiti dai Khimera che si avvicinavano sempre più velocemente.
Nel frattempo i bot erano stati portati al sicuro e puntualmente i detonatori piazzati sulla base scattarono facendo esplodere l’intero complesso.
All’improvviso però, un Khimera si posizionò sopra di loro e li illuminò di una luce verdastra.
Il suo obiettivo non era l’imbarcazione di Banjafield bensì quella di Cho, dove si erano imbarcati i restanti civili.
In quel modo si garantirono il silenzio su ciò che riguardava la base di Aspho.
L’imbarcazione prese fuoco ma rimase a galla. Dom iniziò a sparare una raffica di proiettili con il Lancer contro il ventre dell’elicottero, seguito da Hoffman e dai suoi compagni.
I colpi inflitti al Khimera avevano rotto i serbatoi di benzina, che stava cadendo dal cielo come una pioggia su di loro.
Dom poté vedere Cho in difficoltà e non esitò a lasciar cadere il Lancer per gettarsi nel disperato tentativo di soccorrere l’amico.
Il Khimera finalmente cadde in mare e fu immediatamente inghiottito dalle tenebre delle acque.